Decisioni informate e buona governance

Decisioni informate e buona governance

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Di ACB Valutazioni

Decisioni informate e buona governance

Quando si affronta il tema della governance aziendale in genere si fa riferimento alla struttura dell’azionariato ed alla composizione del consiglio di amministrazione (in termini di indipendenza, professionalità, genere, ecc.).  L’attenzione è concentrata sugli aspetti strutturali che definiscono gli assetti degli organi di governo aziendali, ma che nulla dicono con riguardo al fatto che tali organi esercitino buona o cattiva governance.  
La governance è buona o cattiva in relazione a come vengono assunte le decisioni degli organi di governo, ma questo è un aspetto spesso trascurato, essendo privilegiato l’assetto strutturale rispetto all’aspetto funzionale. 
Tutte le principali decisioni nella vita di un’azienda hanno necessariamente impatto sul valore dell’azienda stessa, ma in quanti Consigli di Amministrazione viene data evidenza dell’impatto sul valore aziendale delle decisioni che gli amministratori sono chiamati ad assumere? Nella nostra esperienza, troppo pochi, con la conseguenza che – quando le decisioni assunte non manifestano gli effetti sperati e aggravano i conti aziendali- gli amministratori finiscono per esporsi a critiche e responsabilità spesso anche molto pesanti.  
Nei Consigli di Amministrazione più spesso vengono mostrati i benefici attesi delle decisioni che gli amministratori devono assumere, ma non i rischi. Senza un’analisi dei rischi non si può avere una misura dell’impatto delle decisioni sul valore d’impresa.  Se si tiene conto poi che i rendimenti sono direttamente correlati ai rischi, quando gli amministratori sono chiamati a scegliere fra una rosa di possibili alternative, la rappresentazione dei soli benefici finisce per favorire sempre le scelte più rischiose, con l’effetto di premiare l’azienda e gli amministratori quando le cose vanno bene, ma di penalizzarle particolarmente quando le cose vanno male.   
Decisioni informate 
Se si accetta l’idea che una decisione informata richieda di conoscere gli effetti attesi sul valore dell’azienda, ci si può domandare quando una decisione apparentemente in grado di migliorare i risultati aziendali possa generare distruzione di valore. 
Al riguardo occorre distinguere due tipologie di decisioni: decisioni che comportano conseguenze irreversibili e decisioni con conseguenze reversibili. La distruzione di valore riguarda tutte e due le tipologie di decisioni, ma in forma diversa. 
Le decisioni con conseguenze irreversibili generano ciò che in economia è definito “costo affondato”, ossia un impegno di risorse finanziarie che non può essere recuperato se non attraverso l’uso delle attività che con quelle risorse sono state generate. Le decisioni con conseguenze reversibili invece riguardano impegni di risorse finanziarie in attività che possono essere vendute o locate o comunque destinate all’utilizzo da parte di altri soggetti, quando non siano in grado di generare i benefici sperati dal loro uso. 
Le decisioni con conseguenze irreversibili assumono in genere come misura chiave il payback period (ossia il numero di anni necessario a recuperare l’investimento attraverso la gestione dell’attività), ciò sulla base dell’idea che trascorso quel periodo ogni anno di vita in più dell’investimento genera valore per gli azionisti. Le decisioni con conseguenze reversibili sono invece fondate sul classico confronto fra tasso di rendimento interno (IRR) dell’investimento e costo del capitale. 
Tuttavia, nella nostra esperienza tanto il payback period quanto il confronto fra rendimento dell’investimento e costo del capitale sono spesso misurati in maniera errata, con l’effetto di comportare decisioni distorte. 
Gli errori nel calcolo del payback period
Il payback period esprime il numero di anni necessario per recuperare l’investimento alla base della specifica decisione aziendale. Detto in altri termini: il payback period coincide con il numero di anni necessario affinché i flussi di cassa in entrata attesi dal progetto permettano di recuperare l’investimento compiuto.  Gli errori più comuni nella stima del payback period consistono nel: considerare i flussi di cassa non attualizzati (ossia senza considerare il rischio che caratterizza i flussi) oppure nel confrontare flussi di cassa attualizzati al medesimo tasso di sconto sia che si tratti di flussi positivi sia che si tratti di flussi negativi. 
Questi confronti sono sbagliati perché mentre i flussi di uscita sono certi (ed andrebbero attualizzati ad un tasso privo di rischio) i flussi in entrata sono incerti (ed andrebbero scontati ad un tasso comprensivo di un adeguato premio per il rischio). 
Gli errori nel confronto fra IRR e costo del capitale
Il confronto fra IRR e costo del capitale si basa sulla semplice evidenza che un progetto in grado di generare un rendimento atteso superiore al costo del capitale, per definizione crea valore per gli azionisti. Questa relazione è verificata solo a condizione che IRR e costo del capitale siano calcolati in maniera corretta. A questo riguardo occorre ricordare due principi chiave: 
  1. il tasso interno di rendimento di un investimento è insensibile alla struttura finanziaria adottata per realizzarlo, in quanto il valore di qualunque attività è funzione della sua capacità di reddito e non invece delle modalità di finanziamento. Per comprendere questa regola pensiamo ad un’azienda che debba effettuare due investimenti identici in successione temporale. Ipotizziamo che l’azienda possa finanziare a debito il primo investimento, mentre il secondo debba essere autofinanziato. Si può dire che l’investimento finanziato a debito è più conveniente dell’investimento autofinanziato? Se si sostenesse ciò si finirebbe ad esempio per decidere di realizzare il primo investimento, ma non il secondo anche se gli investimenti sono identici. Nella realtà bisognerebbe valutare gli investimenti assumendo per entrambi una struttura finanziaria per metà a debito e per metà rappresentata da mezzi propri e bisognerebbe chiedersi se il rendimento degli investimenti così finanziati è superiore al costo del capitale. Se lo è, entrambi andrebbero realizzati, se non lo è, entrambi andrebbero respinti; 
  2. il costo del capitale deve esprimere il costo opportunità dello specifico progetto e non quello dell’azienda che lo realizza.  Per comprendere questa regola pensiamo ad un’azienda che opera in un settore maturo (a basso rischio) che effettua un investimento nel settore digitale o high tech (ad alto rischio). Se si considerasse il costo del capitale del proponente anziché il costo del capitale del progetto si finirebbe per sottostimare il costo del capitale accettando investimenti con rendimento non commisurato al loro rischio.  
Una volta comprese le due regole chiave è necessario compiere un confronto su basi omogenee (ad esempio sia l’IRR sia il costo del capitale calcolati al netto delle imposte o al lordo dell’imposte). 
Decisioni disinformate e Business Judgment Rule

 

La Business Judgment Rule (BJR)  è un principio giuridico che mira a proteggere gli amministratori e i dirigenti di una società dalle responsabilità derivanti dalle decisioni aziendali prese in buona fede e nell'interesse della società stessa, purché queste decisioni siano informate.
I principi alla base della BJR sono: 
  1. buona fede: gli amministratori devono agire in buona fede, con l'intenzione di servire al meglio gli interessi della società.
  2. decisioni informate: le decisioni devono essere prese sulla base di informazioni adeguate e sufficienti. Gli amministratori devono svolgere un'adeguata analisi dei benefici e dei rischi prima di prendere decisioni importanti.
  3. assenza di conflitto di interesse: gli amministratori devono agire per il beneficio della società e non per interessi personali.
  4. ragionevolezza: le decisioni devono essere ragionevoli. Anche se una decisione si rivela sbagliata a posteriori, se è stata presa in modo razionale e informato, gli amministratori possono essere protetti dalla BJR.
 
La BJR viene invocata quando gli amministratori devono difendersi da accuse di negligenza o di gestione inappropriata della società. Se i principi sopra elencati sono rispettati, la regola presuppone che gli amministratori abbiano agito correttamente. Questo principio consente di assumere decisioni anche rischiose e innovative senza il timore di essere costantemente soggetti a critiche o cause legali, favorendo così l'imprenditorialità e la crescita aziendale.
 
La BJR è essenziale per il corretto funzionamento delle società, poiché: (i) mentre protegge gli amministratori dall'eccessiva esposizione legale, permettendo loro di prendere decisioni difficili senza timore di ripercussioni legali personali; (ii) promuove una gestione aziendale attiva e innovativa, incoraggiando gli amministratori a prendere rischi calcolati.
 
Tuttavia, la Business Judgment Rule presuppone decisioni informate e scevre di errori, ossia decisioni fondate sulle conseguenze attese sul valore dell’azienda, come rappresentate da esperti competenti.