Capitale paziente

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Di ACB Valutazioni

N#26 - Marzo 2025

 

Capitale paziente

Un settore molto competitivo è per definizione altamente dinamico: ma contrariamente a quanto si potrebbe pensare dinamicità non significa necessariamente un continuo alternarsi di vincenti e perdenti. Più spesso invece i soggetti dinamici sono pochi e chi ne patisce la rivalità competitiva sono molti, semplicemente perché la dinamicità è un’attitudine di un’organizzazione che non si improvvisa. Richiede investimenti ed il necessario tempo di maturazione. 
Tutti sanno che la creazione di valore presuppone investimenti, strategia, business acumen….ma molti trascurano il fatto che richieda anche tempo. Qualsiasi percorso di generazione di valore, per essere sostenibile deve fondarsi su fonti di vantaggio competitivo non effimere che per affermarsi richiedono tempo. Molto più rapida può essere invece la perdita di valore in quanto l’erosione del vantaggio competitivo può avvenire in tempi ristretti per effetto di una rivalità competitiva cui non si sa rispondere. 
Nella figura riprodotta di seguito sono riportate le capitalizzazioni di borsa dei quattro principali operatori telefonici europei e statunitensi, all’inizio ed alla fine dell’ultimo decennio trascorso (2014-2024).  In Europa: Deutsche Telekom ha più che raddoppiato la propria capitalizzazione di borsa, passata da 60 miliardi di euro a 131 miliardi di euro nel decennio, mentre tutti gli altri incumbent telefonici (Orange, Telefonica e Vodafone) hanno registrato pesanti flessioni (Vodafone, ad esempio, ha perso più di due terzi di valore). In USA: T Mobile – una società controllata da Deutsche Telekom - ha visto moltiplicare il proprio valore di 12 volte (da 18 miliardi a 222 miliardi di euro) a fronte di variazioni contenute in diminuzione ed in aumento della capitalizzazione di borsa dei concorrenti statunitensi.  Talvolta pochi numeri sono più efficaci di tante parole. Non c’è dubbio che la dinamicità di Deutsche Telekom sia stata premiata dal mercato finanziario, ma ha richiesto un decennio. 

Tabella 1. Capitalizzazione di borsa dei principali incumbent telefonici europei e statunitensi ad inizio decennio (2014) e a fine decennio (2024) – miliardi di euro
 
Raddoppiare il valore dell’equity in 10 anni significa offrire ai propri azionisti un rendimento medio annuo del 7%; decuplicarlo significa offrire ai propri azionisti un rendimento del 26%. Il secondo risultato è eccezionale e sicuramente è stato ottenuto anche grazie a circostanze molto favorevoli difficili da replicare, ma il primo risultato è invece un’aspirazione di rendimento legittima di qualunque azionista. 
Più volte in queste newsletter abbiamo insistito sull’importanza di adottare la prospettiva di un generico investitore nell’azienda. Ora stiamo solo dicendo che un azionista che richieda un rendimento del 7% implicitamente si attende che il valore dell’azienda raddoppi nel corso di un decennio. 
Il costo che non c'è
Il rendimento che gli azionisti vorrebbero dall’azienda non figura fra i costi di conto economico, al contrario del rendimento richiesto dalle banche o da altri finanziatori a titolo di debito. Se ci abituassimo a detrarre dall’utile di bilancio il costo (inespresso) del capitale proprio (pari al valore contabile dei mezzi propri all’inizio dell’esercizio moltiplicato per il rendimento richiesto), disporremmo di una misura della capacità o meno dell’azienda di rispettare le legittime attese degli investitori. 
Assumendo un rendimento richiesto dagli azionisti pari al 7%, l’azienda che ha generato un utile di 5 con un patrimonio netto contabile di 100 vedrebbe un risultato aggiustato per il costo (inespresso) dei mezzi propri negativo: 5 – 7% x 100 = - 2. Sarebbe evidente che l’azienda sta distruggendo valore. È ciò che è accaduto ad Orange, a Telefonica e a Vodafone nell’ultimo decennio e che il mercato finanziario ha puntualmente registrato. 
Prendere coscienza di questa debolezza non richiede analisi sofisticate, né tantomeno essere quotati.  È sufficiente un appunto sul retro di una busta: utile netto – 7% x patrimonio netto. Se il risultato è negativo l’azienda sta distruggendo ricchezza e bisogna intervenire con urgenza. 
La terapia, tuttavia, richiede tempo ed i risultati non sono necessariamente immediati. Sono necessarie risorse e investimenti, efficientamenti e disinvestimenti. Occorre rendere l’azienda dinamica. Lasciata seduta sui propri risultati, l’azienda finisce per distruggere valore. 
Il tempo è galantuomo
Qualunque fonte di vantaggio competitivo è soggetta ad obsolescenza. Maggiore è la rivalità competitiva più rapida è l’erosione del vantaggio competitivo. La rivalità competitiva non è necessariamente mossa dalle aziende più forti. Spesso assume la forma di guerre di prezzo e …. ad abbassare i prezzi sono capaci tutti (non sono necessarie strategie particolari). La consapevolezza di dover rinnovare le fonti di vantaggio competitivo è nella nostra esperienza il principale aspetto distintivo delle aziende di successo. La differenza rispetto alle aziende perdenti è che tale consapevolezza matura molto prima, semplicemente perché il management è consapevole che è necessario del tempo per sviluppare competenze nuove di prodotto o di processo ed è quindi particolarmente sensibile a potenziali distruzioni di valore. 
Le aziende che raggiungono prima la consapevolezza della temporaneità del vantaggio competitivo investono oggi per arrivare pronte alle sfide competitive del futuro e per questa ragione adottano un orizzonte di investimento di lungo periodo. Prediligono investimenti con pay-out più estesi, rispetto ad investimenti di breve termine.  Per questa ragione adottano criteri di valutazione degli investimenti molto più selettivi ed assai meno d’impulso. 
Strategie di lungo termine fondate su criteri molto selettivi sono in media in grado di far guadagnare alle aziende rendimenti azionari fra i quattro ed i cinque punti percentuali superiori a quelli richiesti dagli azionisti. Se il rendimento per gli azionisti sale dal 7% all’11%/12% (= 7 %+ 4%/5%) il valore d’azienda raddoppia in 6 anni. L’orizzonte tipico dei fondi di private equity, caratterizzati da politiche di gestione del capitale “paziente”.  
L’equivoco è pensare che il termine paziente si riferisca ad una strategia attendista. Il tempo è galantuomo per chi fa, non per chi ozia sui successi del passato! 
Conclusioni

 

In un ambiente dinamico le aziende soffrono il rischio di una rapida erosione delle fonti del proprio vantaggio competitivo. Assumere la consapevolezza di dover ricostituire il vantaggio competitivo nel tempo richiede strumenti di misurazione delle performance in grado di indicare con adeguato anticipo quando l’azienda sta erodendo le basi del proprio valore. Pochi numeri, idee chiare ed adeguata disciplina possono consentire alle imprese di offrire ottime soddisfazioni al capitale paziente (comunque procurato: dall’imprenditore o da fondi di private equity).