Quella asimmetria da superare tra banche e imprese

Quella asimmetria da superare tra banche e imprese

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Di Andrea Bonechi

L’emergenza sanitaria e i provvedimenti drastici che ne sono conseguiti hanno moltiplicato le esigenze delle imprese di avviare processi di ristrutturazione, di razionalizzazione, di aggregazione, di ricapitalizzazione. Operazioni che, per condurre a scelte corrette, presuppongono la conoscenza del valore d’impresa. Spesso i valori sono tratti da multipli (di Borsa o di transazioni comparabili), ma in periodi di crisi i multipli di transazioni realizzate nel passato sono espressivi di parametri riferiti a contesti differenti, mentre i multipli di Borsa risultano svuotati di significato economico per il venir meno del nesso causale fra prezzi e quantità poste a denominatore del multiplo (risultati 2019 non espressivi del nuovo contesto, risultati 2020 non espressivi di una normale capacità di reddito, risultati 2021 troppo incerti). Eppure i multipli affascinano imprenditori e manager perché il loro pregio consiste nell’essere semplici e veloci nel fornire un’indicazione di valore, ma il loro difetto consiste nel fornire in fasi di crisi falsi segnali se non supportati da un’adeguata analisi fondamentale.

Ma cosa sono i fondamentali? I fondamentali altro non sono che le determinanti della capacità di reddito, delle prospettive di crescita e dei profili di rischio dell’impresa e che in gergo vengono definiti i driver del valore. Necessariamente i fondamentali variano da impresa a impresa.

Un esempio? Due imprese – una con un portafoglio clienti molto concentrato e l’altra con un portafoglio clienti più omogeneamente distribuito, ma eguali sotto tutti gli altri profili – non possono avere lo stesso valore. Eppure, i multipli così come altre tecniche di valutazione se prive di adeguata analisi fondamentale (quali il Dcf, Discount cash flow), non avrebbero mai colto la differenza.

Vi è dunque la necessità di uno sforzo straordinario di selezione delle imprese sfortunate (realmente risanabili) e delle imprese in declino senza prospettive di ristrutturazione. Lo sforzo deve fondarsi su un’analisi fondamentale e su una valutazione d’azienda in grado di guadagnare la disponibilità delle banche e più in generale del sistema finanziario, a favorire il restructuring delle imprese realmente risanabili.

È dunque necessario che si rinnovi la relazione tra Valore e Credito e, tenuto conto che le misure di sostegno intraprese dal governo hanno individuato le banche quali veicolo di moltiplicazione della liquidità nel sistema, l’attenzione si sofferma sul ruolo centrale che espone il sistema bancario a possibili trasmissioni dello shock della crisi di liquidità, con le inevitabili tensioni sia sui bilanci delle banche e sui rapporti banca-impresa.

La disamina della situazione strutturale del sistema bancario, letta con le lenti di ingrandimento della prospettiva post-pandemica, va declinata nella qualità degli attivi patrimoniali. La considerazione per cui, per soddisfare le esigenze di liquidità originate dalla crisi, si generi un aumento rilevante del tasso di insolvenza e con esso il deterioramento “strutturale” degli attivi bancari, unitamente alla “leggerezza” dei fondamentali di un sistema economico di fronte a un evento globale e imprevedibile, offre per osmosi letteraria un quadro di “insostenibile leggerezza strutturale”: è plausibile renderla “sostenibile”?

Ciò che può variare radicalmente la prospettiva è il valore reale sottostante a ciò che genera quegli attivi. Il merito di credito dovrà dunque volgere alla più ampia considerazione di aspetti “valorosi” dell’impresa, aggettivo accattivante voluto e non casuale, ovvero valori non espressi direttamente dai dati contabili e neppure extra contabili, bensì espressione della elaborazione degli stessi e di tutto il set di informazioni che la banca ha e può acquisire, intelligentemente incrociato con il set di informazioni a disposizione dell’imprenditore. Ma “valoroso” anche perché coraggio, provate capacità, efficacia (tre dei significati più accreditati dell’aggettivo) dovranno permeare l’auspicata revisione innovativa.

La prospettiva di un incremento di crediti deteriorati (non performing loans, o Npl) quanto rischierebbe di determinare una restrizione della offerta di credito? Le evidenze disponibili presso la Banca d’Italia suggeriscono che una parte non trascurabile degli Npl concessi a imprese in difficoltà tornano in bonis dopo qualche tempo, segno inconfutabile che una parte non trascurabile delle aziende possiede valori sottostanti non adeguatamente stimati.

Se vogliamo credere che il sistema bancario possa sostenere la ripresa occorre anche credere che esso sia capace di procedere nella gestione futura degli Npl, quelli che si genereranno dalla attuale crisi da pandemia, secondo le direttrici indicate anche da Paolo Angelini, capo del dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia, in un suo scritto del tutto condivisibile: buone politiche di vigilanza in materia di Npl dovrebbero indurre le banche a massimizzare tale quota di aziende che tornano in bonis, non a sbarazzarsi degli Npl a tutti i costi.

Il sistema bancario può ben accettare l’errore di previsione (a posteriori): se il lavoro di valutazione sarà stato complessivamente ben fatto, peserà certo meno delle perdite da cessione degli Npl.

Occorre colmare l’asimmetria informativa fra banche e imprese, prima che intervengano segnali di crisi irreversibile, quando gli interessi di azionisti e di creditori sono ancora allineati. Il travaso di informazioni dalle banche all’impresa e dall’impresa alle banche costituisce la via attraverso la quale affrontare un consapevole percorso virtuoso di valutazione e deve essere realizzato da professionisti indipendenti in grado di incrociare le informazioni (di natura privata) delle imprese e le informazioni di settore (riservate) a disposizione degli istituti di credito, raccogliendo la fiducia delle banche e dell’impresa per i requisiti di indipendenza assoluta, comportamenti deontologicamente ineccepibili e competenze tecniche adeguate alla rappresentazione dei fondamentali dell’impresa attraverso una stima affidabile del valore del suo attivo.

Proprio qui si determina la capacità del sistema bancario di sostenere la ripresa economica che tutti si attendono allorquando gli effetti della pandemia saranno superabili, consci che le difficoltà che conseguissero per le imprese nell’accedere al credito bancario potrebbero inasprire la fase recessiva anziché sostenere la ripresa.